Antifascismo e Resistenza

L' Italia liberale del primo Novecento

Le otto ore (Canti rivoluzionari italiani, Canzoniere delle Lame)

“Se otto ore vi sembran poche, provate voi a lavorar

e troverete la differenza tra lavorare e comandar”.

 

Così cantavano, agli inizi del Novecento, le mondine del Vercellese. Dodici ore al giorno chine, con l’acqua fino alle ginocchia, tormentate dalle zanzare, per un salario da fame: questa la vita delle mondine. Chiedevano  otto ore di lavoro.

Vercelli, giugno 1906. Sciopero delle mondine.

E poi la “Grande Guerra”!

E con la guerra morte, distruzione, miseria: seicentomila morti, un milione e mezzo di feriti, il costo della vita aumentato in sei mesi di cinque volte.

Ai soldati avevano detto: I contadini avranno la terra, ci sarà lavoro per tutti. Invece…

lavoro da braccianti, fame, emigrazione.

Una risaia nel 1923.

1919 – 1920: è’ il “biennio rosso”. Leghe bianche e rosse organizzano contadini e operai.

Molte terre incolte vengono occupate.

Gli operai, cui vengono tagliati i salari, dicono: “Facciamo come la Russia”. In molte fabbriche, contro le serrate dei padroni, è autogestione.

1920. Occupazione di una fabbrica

Per “ristabilire l’ordine”, i proprietari terrieri e gli industriali finanziano le squadracce fasciste. Partono le spedizioni punitive, ancora più violente quando le proteste si attenuano.

1922. Squadra d´ azione di Lucca

Squadra "La Disperata” di Firenze

Discorso alla Camera di Giacomo Matteotti, deputato socialista (1921)

Nel cuore della notte arrivano i camions di fascisti nei paeselli, nelle campagne; arrivano accompagnati dai capi dell’Agraria locale sempre guidati da essi, poiché altrimenti non sarebbe possibile conoscere nell’oscurità, in mezzo alla campagna sperduta, la casetta del capolega, o il piccolo miserello Ufficio di collocamento.

Si presentano davanti a una casetta e si sente l’ordine: circondare la casa. Sono venti, sono cento persone armate di fucili e  rivoltelle.  Si  chiama  il  capolega  e  gli

si intima di scendere. Se il capolega non discende, gli si dice: se non scendi, ti bruciamo la casa, tua moglie e i tuoi figli.

Il capolega discende, se apre la porta, lo pigliano, lo legano, lo portano sul camion, gli fanno passare le torture più inenarrabili fingendo di ammazzarlo, di annegarlo, poi lo abbandonano in mezzo alla campagna, nudo, legato ad un albero!

Se il capolega è un uomo di fegato e non apre e adopera le armi per la sua difesa, allora è l’assassinio immediato che si consuma nel cuore della notte, cento contro uno. Questo è il sistema nel Polesine.

Le squadracce distruggono cooperative, case del popolo, circoli cattolici, sezioni socialiste, sedi dei giornali. Ma per i “benpensanti” meglio Mussolini che i “rossi”. Il governo lascia fare.

1920. Contro sede de “Il Paese”

Contro sede sindacale

Agosto 1922. 10.000 squadristi assediano Parma. Una sollevazione popolare guidata da 400 “Arditi del Popolo” li ricaccia dopo cinque giorni.

1922. Resistenza a Parma

28 ottobre 1922: Il “biennio rosso” è fallito, ma Mussolini, capo dei fascisti, vuole ad ogni costo prendere il governo. Lo avrà con un colpo di stato, la “marcia su Roma”.

In Parlamento dice: “Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco per i miei manipoli... potevo sprangare il parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo: ma non ho, almeno per il momento, voluto”.

23 agosto 1923. Ad Argenta, in provincia di Ferrara, Don Giovanni Minzoni, aderente al Partito Popolare, è aggredito e ucciso a bastonate da una squadra di camicie nere.

Il cappellano don Minzoni sul Carso

26 dicembre 1923. Giovanni Amendola, capo dell’opposizione liberale, subisce la prima aggressione fascista.

Il ricordo del figlio Pietro:

Lo assalirono nella tarda mattinata, poco lontano da casa, in via Crispi. Stava raggiungendo a piedi la redazione del “Mondo”, di cui era direttore, in via della Mercede. L’agguato era stato concordato fra Emilio De Bono, direttore generale della Pubblica Sicurezza e il console della Milizia, Candeloro. Nella squadra degli esecutori c’erano Arrigo Dumini e Albino Volpi, gli stessi che avrebbero partecipato all’assassinio di Matteotti. Quando De Bono gli telefonò per raccontargli l’episodio, Mussolini esclamò: “Oggi mangerò con più appetito”.

6 aprile 1924. Si vota tra violenze e intimidazioni con una “legge truffa” che assicura i 2/3 dei seggi a chi  riporterà il 25% dei voti. Il partito fascista diventa il primo partito.

Giacomo Matteotti, deputato socialista, denuncia in Parlamento quanto è avvenuto.

Ai suoi compagni dice: “Io il mio discorso l’ho fatto. Ora voi preparate il discorso funebre per me”.

 

10 giugno 1924. Sul  Lungotevere Arnaldo da Brescia Matteotti viene caricato a forza su un’auto  e ucciso a pugnalate.

Un’ondata di sdegno si diffonde in tutto il paese.

I fascisti tremano. Le opposizioni confidano in un intervento del Re, che non ci sarà, e, ad eccezione dei comunisti, decidono per protesta di non partecipare ai lavori parlamentari.

E’ la “Secessione dell’ Aventino”, un tragico errore: Mussolini ne approfitta per assumere i pieni poteri.

Giugno 1924. “Secessione dell’ Aventino”

L' Italia del regime fascista

3 gennaio 1925. Dal discorso di Mussolini alla Camera: Dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto avvenuto... Se il fascismo è stata un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere.

E’ l’annuncio della dittatura.

A partire dal 1925 le leggi cosiddette  “fascistissime”,  trasformano l’Italia in uno stato totalitario:

Si voterà con una lista unica compilata dal Gran Consiglio del Fascismo.

I partiti contrari al fascismo vengono sciolti.

Vengono soppressi i sindacati.

Sono proibiti gli scioperi.

Viene creata una polizia segreta.

E’ previsto il confino per gli oppositori.

Viene istituita la pena di morte.

Sono chiusi i giornali di opposizione.

Non solo repressione e violenza, anche ricerca del consenso.

Per questo Mussolini,  maestro della comunicazione, si presenta agli Italiani come l’uomo forte, cui completamente affidarsi. Ed ecco

il Duce a cavallo,

pilota,

sciatore,

aviatore,

oratore,

nuotatore,

trebbiatore.

E gli artisti gli rendono omaggio.

Alfredo Gauro. Mussolini aviatore

Duilio Cambellotti

Primo Conti. La prima ondata.

Alessandro Bruschetti. Sintesi fascista

Gerardo Dottori. Polittico fascista

Luigi Montanarini. Apoteosi del Fascismo

Mario Sironi - L’Italia tra le arti e le scienze

“L’Italia tra le arti e le scienze”: il fascismo celebra la grande cultura italiana. Obbliga, però, i docenti universitari a giurare fedeltà al regime, i pochi che non giurano perdono il posto di lavoro.

E ai giornali, ogni giorno, vengono impartite precise istruzioni.

Alcune disposizioni del Minculpop, Ministero della Cultura Popolare:

Non pubblicare delle corrispondenze dei nostri bombardamenti nell’Africa Orientale (7. 12.1935)

Non occuparsi del processo che si tiene al Tribunale Militare di Roma per l’ammutinamento di cinque militari (18.12.1935)

Notare come il Duce non fosse affatto stanco dopo quattro ore di trebbiatura. 4.7. 1938)

Dire che il Duce è stato chiamato dieci volte al balcone. (19.5.1939)

Non pubblicare fotografie e disegni di donne con la cosiddetta “vita di vespa”. Disegni e fotografie devono rappresentare donne floride e sane (17.7.1939)

Ignorare la pellicola propagandistica dell’ebreo Chaplin (17.10. 1940)

E queste sono fotografie censurate dal Minculpop:

Un gerarca che inciampa

Il Duce colpito da una innaffiatrice

Una stretta di mano (dimenticando che il saluto romano è obbligatorio)

 

Ma non c’è molto da ridere. Quelli che non si piegano, pagano duramente la propria ostinazione.

20 luglio 1925. Giovanni Amendola, a Montecatini, subisce un’altra aggressione fascista. Va in Francia per curare le gravi ferite riportate, vi muore nella primavera del ’26, a quarantaquattro anni.

5 settembre 1925. A Torino, Piero Gobetti, intellettuale liberale, viene selvaggiamente picchiato da un gruppo di squadristi, qualche mese dopo morirà a Parigi per i postumi dell’aggressione.

Tra ì molti antifascisti, costretti a riparare all’estero, c’è il capo dei socialisti, Filippo Turati,  che riesce a sottrarsi alla stretta sorveglianza cui era sottoposto e a raggiungere la Francia con un motoscafo. Lo aiutano Carlo Rosselli e Sandro Pertini.

1926. Turati, Rosselli, Pertini in Francia.

Pertini nelle foto segnaletiche della polizia.

Sandro Pertini, condannato e ricercato, resterà in Francia tre anni guadagnandosi da vivere come pulitore di automobili, imbianchino, manovale. Tornato in Italia, viene subito arrestato.

1927. Pertini a Nizza.

Si rifugiano in Francia i fratelli Carlo e Nello Rosselli. Nel ’37 verranno assassinati da sicari fascisti.

26 novembre 1926. Viene istituito il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, che giudica chi, per qualche ragione, viene sospettato di essere ostile al regime.

Tra il ’27 e il ’43 il Tribunale Speciale processa 5600 persone, infligge 27.735 anni di carcere, condanna a morte 42 uomini, dà 3 ergastoli.

Pietro Amendola. Era una magistratura speciale. I magistrati erano tutti quanti consoli della Milizia, qualcuno veniva dalla giustizia militare. Entravano in udienza tutti quanti in divisa, con la sciabola, i gradi, veri o fasulli.

Contrariamente a un principio universale di diritto, il Tribunale Speciale giudicava anche retroattivamente, per fatti che quando erano stati commessi non erano contemplati come reati da nessuna legge. Non c’era possibilità di appello.  Io sono andato davanti a questo Tribunale Speciale insieme ad altri giovani studenti. Qui a Roma facevamo propaganda contro l’entrata in guerra dell’Italia. Il processo si basava sul rapporto della polizia.

Il Tribunale condannò me a 10 anni di reclusione perché io non facevo parte delle organizzazioni giovanili del regime, ma alcuni miei compagni di protesta ebbero pesanti condanne: avevano imputazioni di traditori.

28 maggio 1928. Processo a 22 imputati comunisti.

Quasi tutti i dirigenti del Partito Comunista vengono processati.

Fra essi Antonio Gramsci, condannato a 20 anni. Aveva detto il P.M.: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di funzionare”. Gravemente malato, nel ’35 ottiene la libertà. Muore nel ’37, a 46 anni.

1929. Processo a Sandro Pertini.

Lettera del Ministero dell’ Interno. Stamane è stato discusso, presso il Tribunale Speciale per la difesa dello Stato, il processo a carico del noto socialista Pertini Alessandro fu Alberto. Durante il dibattimento, il Pertini ha tenuto un contegno altezzoso e sprezzante, dichiarando di non voler riconoscere la giustizia dello stesso Tribunale, e dopo la lettura della sentenza che lo condannava ad anni 10 e mesi 9 di reclusione, e a 3 anni di vigilanza speciale della Pubblica Sicurezza, ha emesso il grido “Viva il socialismo e abbasso il fascismo”. All’ordine del Presidente è stato immediatamente allontanato dall’aula.

Per questo suo comportamento Pertini viene inviato in segregazione all’ergastolo di Santo Stefano, il carcere più duro, in seguito al sanatorio giudiziario di Pianosa.

Il carcere

1933.  Lettera di Sandro Pertini al Presidente del Tribunale Speciale.

Stabilimenti penali di Pianosa,

23 febbraio 1933. A Sua Eccellenza il presidente del Tribunale Speciale. La comunicazione che mia madre ha presentato domanda di grazia in mio favore mi umilia profondamente. Non mi associo, quindi, a una simile domanda, perché sento che macchierei la mia fede politica, che più di ogni altra cosa, e più della mia stessa vita, mi preme.

Il recluso politico Sandro Pertini.

27 luglio 1934. Testimonianza di Carlo Rosselli.

Siamo in luglio, luglio italiano. Ricomincia per Gramsci, Rossi, Pertini, Bauer, Terracini, Roberto, Lucetti, Calace, Schicchi, Zaniboni, Spinelli, Tulli, Andreis, Traquandi, Cianca, Delfini e gli altri molti, la fatale estate. Nelle celle si soffoca. La luce abbaglia di giorno. Di notte le colonne di cimici attaccano. Passano i giorni lunghi eterni. Il prigioniero sogna: verrà la liberazione? I compagni morti in galera sono già decine. Altri stanno morendo.

Testimonianza di Pietro Amendola

Queste celle di Regina Coeli... La cosa più tremenda erano le cimici, quanto più si andava verso la buona stagione, e questi qui che venivano non solo di giorno, ma anche di notte a battere sui ferri, bum, bum, bum, per paura che qualcuno evadesse, poi non succedeva niente. Non si vedeva niente, c’erano le bocche di lupo, solo qualche vetta d’albero al Gianicolo. Invece, terminata l’istruttoria, a tre a tre si andava a passeggio. Il vitto era una minestra e la pagnotta, poi si poteva comprare alla “spesa”.

Dopo  il  processo  ci hanno  trasferito  alla

casa penale di Civitavecchia. Lì il trattamento nei confronti dei detenuti politici era particolarmente duro.

Per la maggior parte i detenuti politici erano o contadini dell’Emilia, della Romagna, della Toscana o operai o intellettuali. La maggioranza non aveva soldi per comprare la spesa e allora era dovere nostro, dovere morale prima ancora che di solidarietà politica, eravamo dello stesso partito, di mettere tutto assieme.  Se i secondini vedevano questo, allora c’era  la punizione,  sette

giorni di pancaccio a pane e acqua, “per cessione di alimenti a scopo di solidarietà politica”. Ci sono incappato parecchie volte.  Così anche se ti vedevano parlare in gruppo, questo era proibito perché si diceva che in gruppo si parlava di politica.

Questi contadini, questi operai, non dico che fossero analfabeti, questo no. Allora io e qualchedunaltro facevamo lezione: grammatica, aritmetica, un po’ d’italiano, un po’ di storia, un po’ di geografia, qualche cosa d’inglese e francese.

Giornali non ne potevamo avere. Potevamo avere la Gazzetta dello Sport, poi c’era il Bollettino. Allora qualche guardia, che era amica o per interesse, nel senso che poi dovevamo dare qualche capo di vestiario che arrivava da casa, qualcuno di quei pacchetti di tabacco trinciato, ci portava qualche giornale, ce lo portava quando era di turno la notte. Con uno spiraglio di luce io leggevo attentamente e poi riferivo a due a due quello che avevo letto.

Sandro Pertini.

Il carcere era un posto di combattimento. Noi eravamo dei combattenti caduti nelle mani del nemico. Sapevo che con la mia presenza in carcere, e con la mia condotta senza cedimenti, infondevo nei compagni, in Italia e all’estero, una più decisa volontà di resistere, e dunque non spendevo vanamente quei giorni. Questa era la mia libertà. Chiuso nella mia cella d’isolamento, mi sentivo vicino a Turati, a Treves, a Carlo Rosselli, a tutti i compagni che non ammainavano la bandiera.

Il confino

Fra i tanti confinati:

Cesare Pavese

Scheda carceraria di Cesare Pavese

Carlo Levi

Carlo Levi. Lucania ’61.

10 settembre 1934.

Scontati i durissimi anni di galera, Pertini viene tradotto all’isola di Ponza. Vi dovrà scontare 5 anni di confino.

Si ammala gravemente, perciò verrà poi trasferito nel sanatorio di Ventotene:

Per il ministro, il capo della polizia Bocchini

 

Prego disporre che confinato politico Pertini Alessandro fu Alberto sia tradotto straordinariamente Ventotene reparto speciale tubercolotico et raccomandasi rigorosa vigilanza trattandosi elemento pericolosissimo capace evadere.

Sandro Pertini

La sveglia suona: è l’alba. Dal mare giunge un canto d’amore, da lontano il suono delle campane di Ventotene. Guardo il cielo, azzurro come non mai, senza una nuvola, e d’improvviso un soffio di vento m’investe, denso di profumo dei fiori sbocciati durante la notte. E’ l’inizio della primavera. Quei suoni, e il profumo del vento, e il cielo terso, mi danno un senso di vertigine. Ricado sul mio giaciglio. Acuto, doloroso, mi batte nelle vene il rimpianto della mia giovinezza che giorno per giorno fra queste mura si spegne.

10 agosto 1940, anno XVIII

Il prefetto Vittorelli

.... il Pertini è ritenuto elemento tuttora pericolosissimo per l’ordine nazionale e come tale lo si propone per la riassegnazione al confino...

La guerra

2 giugno 1940.  L’Italia fascista entra in guerra.

“Ho bisogno di qualche migliaio di morti per sedermi al tavolo della pace”, aveva detto Mussolini.

Inverno 1941. Mentre i paesi europei sono dilaniati dalla guerra, nasce il sogno di un’ Europa non più divisa in stati nazionali, libera e unita. E’ il sogno del Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, condannati al confino.

Marzo 1943

Si fermano le fabbriche a Torino, poi in Emilia e in Veneto, quando scioperare può costare la galera.

25 luglio 1943. La guerra nazifascista si avvia verso la catastrofe. Il Re fa arrestare Mussolini. Pietro Badoglio viene nominato Capo del Governo.

Milano, 25 luglio 1943

Fame e terrore, bombe sulle città. Il paese è un cumulo di macerie.

Milano. Piazza Vetra

Milano. Galleria

Salvatore Quasimodo – Milano, Agosto 1943

Invano cerchi tra la polvere,

povera mano, la città è morta.

E’ morta, s’è udito l’ultimo rombo

sul cuore del Naviglio. E l’usignolo

è caduto dall’antenna, alta sul convento,

dove cantava prima del tramonto.

Non scavate pozzi nei cortili:

i vivi non hanno più sete.

Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:

lasciateli nella terra delle loro case:

la città è morta, è morta.

Milano, Ca´ Granda

Milano, Piazza Fontana

8 settembre 1943. Già il 3 settembre Badoglio ha firmato l’armistizio, ma solo ora annuncia che la guerra continua contro i tedeschi e a fianco degli alleati.

Roma, 8 settembre 1943

Il re e il governo fuggono da Roma per mettersi sotto la protezione degli Anglo-Americani.

 

L’esercito è abbandonato a sé stesso.

8 settembre 1943

A Cefalonia soldati e ufficiali osano resistere. Vengono tutti fucilati.

700.000 militari vengono internati in Germania.

 

Soldati a Corfù verso i Lager

Dal Comando supremo tedesco (Corriere della Sera, 10 settembre 1943):

 

Le forze armate italiane non esistono più.

Contro il Fascismo: la Resistenza

Emilio Casalini – Angelo Rossi. Siamo i ribelli della montagna (Appunti partigiani, Modena City Ramblers)

Dopo l’8 settembre i primi partigiani salgono in montagna per organizzare la resistenza. E’ un esercito ribelle, nato dal popolo.

Partigiani nelle Langhe

Partigiani ad Aosta

Agli antifascisti, che hanno trascorso la loro giovinezza nelle carceri e al confino, si uniscono, nella lotta al nazifascismo, i giovani che nella loro vita hanno conosciuto solo la dittatura. Sono comunisti, socialisti, cattolici, aderenti a Giustizia e Libertà.

Nuto Revelli, soldato nell’esercito italiano sul fronte russo.

Arrivò un aereo a mitragliarci da bassissima quota, a volo radente. Si spensero i fuochi e la piana tornò buia, più fredda. Chi si perdeva, chi impazziva, chi procedeva barcollando a denti stretti. Bastava un niente per perdersi, una distorsione, un attimo di debolezza, un attimo di smarrimento.

Così per giorni e notti, senza mangiare, senza dormire, combattendo di giorno, passando le notti all’addiaccio. Finì così il corpo d’armata alpino, un giorno dopo l’altro, una notte dopo l’altra, trascinandosi, combattendo, urlando. Lungo la pista i più deboli, i più sfortunati si fermavano e morivano nel freddo.... Maledivamo il fascismo, e come lo maledivamo: il fascismo che ci aveva mandato in Russia con le scarpe rotte, con le armi che non sparavano, con le bombe a mano che non scoppiavano. Maledivo la patria fascista così lontana da ignorarci. Non un aereo italiano, non un solo aereo della grande aviazione fascista comparve nel cielo grigio della ritirata. Soltanto aerei russi. Ecco il bilancio di questa disastrosa avventura.

Nell’estate del 1942 duecento lunghe tradotte avevano portato il corpo d’armata alpino sul fronte russo. Nella primavera del 1943

bastarono diciassette brevi tradotte per riportare in Italia i superstiti, i fortunati.

Per fedeltà ai miei compagni caduti in Russia, dopo l’8 settembre salii in montagna a fare il partigiano.

9 settembre 1943

I partiti antifascisti formano il CLN, Comitato di Liberazione Nazionale.

10 settembre 1943

A Roma l’ultima Resistenza all’occupazione nazista è a Porta San Paolo.

A Porta San Paolo c’è Pertini, appena liberato dal confino.  Racconta:

Andammo con i partigiani socialisti romani a Porta San Paolo. Vi trovammo ufficiali dei granatieri con i loro soldati. In breve tempo si strinse a noi gente del popolo.

Vi era sul volto di tutti e nelle imprecazioni della folla un grande sdegno contro il re che era fuggito, abbandonando Roma alla sua sorte.

Ma la resistenza viene travolta. Roma occupata patirà fucilazioni, torture, fame. IL 18 ottobre Pertini e Saragat, arrestati, vengono consegnati alle SS e rinchiusi a Regina Coeli. Condannati a morte, evadono il 14 febbraio grazie a una serie di falsi ordini di scarcerazione messi a punto dai compagni con la complicità del medico del carcere.

Pertini e Saragat in visita a Regina Coeli

A Regina Coeli Pertini aveva incontrato Leone Ginzburg e don Morosini.

A Regina Coeli era detenuto, tra i politici, Leone Ginzburg, lo studioso e scrittore antifascista. Lo vidi un mattino, al “passeggio”: il volto tumefatto dalle percosse, le labbra spaccate. Era stato interrogato dalle SS in via Tasso. “Volevano dei nomi”, mi disse, “ma non ho parlato.” ...

Carlo Levi. Leone Ginzburg

Una sera mi apparve in un corridoio un sacerdote dal volto tumefatto, grondante sangue. Era don Morosini. Usciva da un interrogatorio delle SS  Mi pare ancora di vedere le sue labbra gonfie e sanguinanti muoversi in un saluto di fraterna riconoscenza per me, che non avevo nascosto la mia commozione per lui, così martoriato. Fratelli ci sentimmo, noi due: fratelli che lottavano per la stessa causa, lui sacerdote, io non credente.

12 settembre 1943. I tedeschi liberano Mussolini e lo mettono a capo di un governo fantoccio, la Repubblica Sociale Italiana o Repubblica di Salò.

4 giugno 1944. Gli Alleati entrano a Roma.

Le truppe tedesche si ritirano verso nord attestandosi lungo la “linea gotica”, un fitto sistema di fortificazioni sull’Appennino tosco-emiliano. L’Italia è divisa in due.

Mentre gli Anglo-Americani dalla Sicilia lentamente risalgono la penisola, i partigiani, nascosti tra le montagne, organizzano azioni di guerriglia e di sabotaggio.

Quando vengono catturati, sono torturati, fucilati, impiccati.

Manifesto della Repubblica di Salo´

Bach - Corale finale dalla Passione secondo S.Matteo - Toscanini NBC-1945

Ferrara, 13 novembre 1943, 11fucilati

Fondatoce di Verbania, 29 giugno 1944, 43 fucilati

Bosco delle Castagne (Udine), 10 marzo 1945. 10 impiccati.

Ivrea, 9 luglio 1944

Prato, 6 settembre 1944. 29 impiccati.

Bassano, 26 settembre 1944, 31 impiccati

Milano, Piazzale Loreto, 10 agosto 1944. 15 fucilati

Dalle Lettere dei condannati a morte della Resistenza:

 

Giordano Cavestro, nome di battaglia Mirko, studente, di anni 18, fucilato a Parma il 4 maggio ‘44

Cari compagni,

ora tocca a noi.

Andiamo a raggiungere gli altri tre gloriosi compagni caduti per la salvezza e la gloria d’Italia.

Voi sapete il compito che vi tocca. Io muoio, ma l’idea vivrà nel futuro, luminosa, grande e bella.

Siamo alla fine di tutti i mali. Questi giorni sono come gli ultimi giorni di vita di un grosso mostro che vuol fare più vittime possibile.

Se vivrete, tocca a voi rifare questa povera Italia che è così bella, che ha un sole così caldo, le mamme così buone e le ragazze così care.

La mia giovinezza è spezzata ma sono sicuro che servirà da esempio.

Sui nostri corpi si farà il grande faro della Libertà.

Mentre ancora infuria la guerra, in alcuni territori liberati i combattenti della Resistenza sperimentano le prime forme di autogoverno e di democrazia.

 

Una gloriosa, ma breve stagione quella delle Repubbliche partigiane.

In molti paesi la gente aiuta i partigiani, li sfama e li nasconde. Le rappresaglie sono feroci.

Boves , 19 settembre 1944

Marzabotto, settembre-ottobre 1944

S. Anna di Stazzema, 12 agosto 1944: le SS rastrellano i paesani e li falciano con le mitragliatrici. Decine di persone vengono chiuse in una stalla e massacrate con le bombe a mano, altre bruciate.

I morti sono 560. Fra essi 142 bambini.

La testimonianza di un superstite, Mario Marsili:

Nella stalla i nazisti avevano buttato sul fondo la gente, c’erano anche due bambini più piccoli di me. Poi col lanciafiamme avevano appiccato il fuoco alla paglia. Tutti gridavano disperati, si agitavano, cercavano inutilmente un riparo. E’ successo tutto in fretta: il soldato si stava avvicinando, rivedo mia madre che si toglie lo zoccolo, allora era estate e in montagna portavamo gli zoccoli, lo lancia contro di lui, lo colpisce. Per tanto tempo ho creduto di risentire la raffica della mitraglietta, la mamma che cade a terra, soffocata dal sangue.

Stragi, torture, fucilazioni, ma Albert Kesselring, comandante delle forze di occupazione nazista, pensa che gli italiani dovrebbero essergli grati ed erigergli un monumento.

 

Questa la risposta di Piero Calamandrei:

Lo avrai

camerata Kesselring

il monumento che pretendi da noi italiani

ma con che pietra si costruirà

a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati

dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio

non colla terra dei cimiteri dove i nostri compagni giovinetti

riposano in serenità

non colla neve inviolata delle montagne

che per due inverni ti sfidarono

non colla primavera di queste valli

che ti videro fuggire.

Ma soltanto col silenzio dei torturati

più duro d’ogni macigno

soltanto con la roccia di questo patto

giurato fra uomini liberi

che volontari si adunarono

per dignità e non per odio

decisi a riscattare

la vergogna e il terrore del mondo.

Dovunque le bande partigiane scendono in pianura e penetrano nelle città.

20 luglio 1944. Quando le truppe alleate entrano a Firenze, i partigiani hanno già cacciato i tedeschi dalla città.

Ma dovranno ancora passare otto mesi di paura e di dolore prima che l’Italia possa uscire dall’incubo dell’occupazione.

Aprile 1945. In molte città i lavoratori incrociano le braccia.

La lotta della Resistenza è durissima, ma, prima che arrivi l’esercito anglo-americano, molte città riescono a liberarsi.

Bologna, 21 aprile 1945

A Milano il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia proclama l’insurrezione generale.

Vincenzo Moscatelli, comandante Cino

Alla testa del comando partigiano che libera Milano c’è Sandro Pertini, l’uomo percosso dai fascisti, incarcerato, confinato, condannato a morte e che non si era piegato mai.

Milano, 26 aprile 1945

Pertini chiama il popolo all’insurrezione

Torino

Genova

Venezia

Verona

Dopo venti anni di dittatura, il 2 giugno 1946, gli Italiani vanno a votare. Per le donne è la prima volta nella storia d’Italia.

Nasce la Repubblica Italiana.

27 dicembre 1947. Viene promulgata la Costituzione repubblicana. Scritta dai rappresentanti di tutti i partiti antifascisti, s’ispira ai valori della libertà, della giustizia, della democrazia, per i quali tanto sangue era stato versato.

Piero Calamandrei – Discorso sulla Costituzione

Se voi volete andare in pellegrinaggio sul luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, perché lì è nata la nostra Costituzione.

Italo Calvino – Sergio Liberovici. Oltre il ponte (Appunti partigiani, Modena City Ramblers)

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a cura di: Annamaria Mangiotti